Nell'immagine versi di E.Terranova tratti dalla poesia "NON PARTO NON RESTO", II
Eleonora Terranova (Catania, 1998) studia Lettere antiche presso l’Università degli studi di Firenze. Si interessa di poesia sperimentale e visiva. Ad agosto del 2020 si è tenuta una sua esposizione di poesia visiva presso il C.o.C.A. archivio biblioteca arti contemporanee di Modica.
Qui proponiamo alcune sue poesie tratte da Luoghi di attenzione (Transeuropa, 2020).
Homo ritualis
Ho guardato il mare compiersi in
tutta la sua smania di
spossatezza – mi sono tenuta
come si tiene una tenda invasata
che si dilunga
come si tengono i pettini dopo
che si gettano sui seni giacenti
tenevo le mie caviglie
agli scogli tremavano
come morsi sformi in ebano scuro si sforzano di
dalla riva saliva pendere/ pretendere
svoltata
mi sono chiesta come faccia
l’arsura di fine luglio
con quel vecchio chino sul mare
come un cane sul cibo
impastato – se tenti di
scongiurare la sua sedia
di vimini e legno il panico
o le spalle plagiate [ma il vecchio si trascinava
già immemore dall’acqua
bassa alla sedia che doveva
posizionare (il sudore
senza interrompere i piedi i sassi
senza omettere nessuno gli sportelli)
dei ciottoli disabituati alla
semovenza davanti un cane
il pelo lungo le orecchie interminabili le mosche
Emma
Gaia ignora le noci per i vermi
intreccia coroncine e qualche ostia
siede come baccano infallibile
escogita ciocche castane
a vedersi da ciminiera contate
in tre teste per medicare dispetti
e folla delle ginocchia Esclama
con tono apodittico che bisogna
trasformarsi per superare
la materia
Gaia cammina solo sui tappeti
vendicativa dei leoni
dei garofani degli spasimi
delle frange Grida in tono
apodittico che bisogna
riappropriarsi della materia – Gaia!
con le ossa ostruite i sassolini il prurito da palafitta i fischi le
repliche le cavità le dimensioni le retroazioni positive
con le ossa istruite
preghi il volere il volere
i furti in orari diversi i tuoi
nomi schierati
LA GELOSIA L’INCARNATO
Plurimo 1962/ 1963 n. 7 “Opposti”
a – di sibille
slargate a inchiodare cosce
cacciate bionde versare
le labbra nella protrusione
impelagata in due direzioni – non
sopporto
questo contatto adiacente una
parte o l’altra: orienta
la pelle non basta a continuare il
pavimento vorrei moltiplicare i
denti e deviarli
b – forse non mi vedi
la rotula fiamminga aggirare
il legno in tmesi disperata
ogni gomito è un balzo o
vuoto
che tenta sporgersi e
sporgere
la tua colpa è aver unito i
seni che sono due e non
puoi unirli
a – sono una madonna
e voglio posarmi sulle
maniglie o almeno sui
pianerottoli incrociati
con i miei occhi vitrei i capelli
neri e folti sulle spalle ogni
fascia è fune – fionda
auto (mobil’) epifania la mia
gente
b – distogli quei piedi
uniti non lasceranno ascesa
o discesa troppo larghi
o troppo stretti per allinearsi
rilievo in avanti o inno
in indietro
ma sento la materia salire e sbavare io ultimo palco e
insieme piede raschiato slancio d’acquasantiera forata su
membrana estesa peso morto combinazione intesa reagisco
come una fiera di paese un quadrante umido col vapore in
gola tremo in un orgasmo nitido più nitido dei vetri posati o
dei bastioni spezzati sui vetri io reagisco
come le pose le
urla degli opposti mille piani
già stempiati
o rasentati e il sacrificio
delle sue mani nude
a capofitto
Praga spazio Praga (La notte solamente è tangibile
all’architettura adombrata di stazioni prone distanti)
Io sola o la NOTTE scesa stessa comandiamo
(scola) – zione
: non è ingombrante il fiume
se il letto del fiume
non le fontane se i bastioni
permeabili
ma essere scortata dalla finestra
alta solo così sentire le scapole
non sentirle più per arbitrio
del vento e piangere
piangere piangere
di questo premere contro gli attributi
CONDOTTA
SENSITIVA
cosa cade freddo mutilato
galleria rampicata scricchiola
bianca
– lo spazio – la scaturigine – il passo
lento come scaturigine
io–corteccia diffido della foresta io
– corteccia (mi) muovo per vedere la foresta
mimetica di ritorno allo stato
la protosedentarietà planimetrica
asso collo proprio ex aequo
premo premo
premo – (la sua gravità il suo
tempo) – là dove prosciugato
dispetto di aspetto d’ (e) (is) – posto
– ma queste venature in
eccesso a cui assisto
in eccesso smagliato sono di
entroterra torto in isolamento
che appoggia - brocca fabbrica
branca διακρίνει carni
la mia carne concentrata nelle
braccia lungo due fianchi
di un corpo schizofrenici semiferini
teurgici lungo reclutamento
dico “vado a” – figlia di faglia
filante
scendi entrando dirimpetto
rotto di rottura su supporto-reliquia
torno ho finito – “a fumare”
“a fumare”
“a fumare sugli assi di legno”
“a fumare sugli assi di legno marrone”
“a fumare sugli assi chiazzati di legno marrone”
“a fumare sugli assi chiazzati di legno schizzato marrone”
“a fumare scorporata scontrata ἀνταῖα gli assi chiazzati di
legno schizzato marrone”
“a fumare l’umido spremuto succhiato da queste labbra”
“a fumare le mani spente simili riportate ora per fumare non
tanto – quanto l’umido spremuto succhiato da queste labbra
sugli assi chiazzati di legno schizzato marrone che io ricordo
avere dietro di me e se non dietro avanti io-dimensione
-scremata svolgo lo sfondo lo sbocco” – “il mio esistere, del
resto” – “è mera situazione (d’) ogni possibilità di un’ascella
legata di un ginocchio-gittata si apre come una depressione
uno scollo”
ACCONDISCENDERE – scesa
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