di Marko Miladinovic
Io piango qui in stazione. O mio dio che cosa avete fatto? Una violenza inaudita. Una violenza inaudita. Questo continuo a ripetermi riguardo stanotte, riguardo la demolizione del Molino a Lugano. Dopo un corteo gioioso e pacifico, arrivati a destinazione (ex Vanoni) militari del Canton Vaud e altre cordate di polizia armata fino ai denti hanno chiuso le strade e circondato il perimetro non permettendo a nessuno più di uscire, se non qualche gruppetto di vestiti di nero che passavano liberi avanti e dietro ai cordoni delle polizie per sfottere i presenti. Sono stati certo gentili: una sola carica di gas, sufficiente perché qualcuno vomitasse e non respirasse la metà dei presenti, fortuna che famiglie con bambini presenti hanno fatto in tempo ad andarsene prima dell’arrivo delle forze armate.
Nel frattempo, bloccati là, cominciavano a demolire deliberatamente l’unico centro sociale della Svizzera italiana, anche qui centinaia di guardie armate a proteggere le ruspe (con tutta la libreria e il resto delle cose di chi là viveva ormai sotto le macerie). Questa azione ha nomi e cognomi. E causa una ferita profondissima nel tessuto sociale della Svizzera italiana. Io stesso mi sento molto ferito da questa prepotenza mai vista. Una violenza inaudita reale, non dimenticherò mai.
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